Del Gallo
Un approccio al suo simbolismo
e una provocazione
Giovanni Gigliuto
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“[…] nemo enim potest personam diferre; ficta cito in naturam suam recidunt;
quibus veritas subest quaeque, ut ita dicam, ex solido enascuntur, tempore ipso
in maius meliusque procedunt” (1)
La disamina di questo e del suo simbolismo, esula il presente scritto. Scritto
che vuole essere una provocazione, che aiuti a riflettere sullo stato della
Istituzione Massonica. Istituzione che, ahinoi, ogni giorno diventa sempre meno
iniziatica e più sociale.
Ma per far scattare la molla della provocazione, abbiamo bisogno d’uno dei
simboli-figura che compaiono nel Gabinetto di Riflessione: il Gallo.
In epoca precristiana era la rappresentazione simbolica del sole ed anche del
rinnovamento, ma è con l’avvento del cristianesimo – col suo sovrapporsi,
scientemente e metodicamente alle altre religioni esistenti – che il piccolo
pennuto assurge al ruolo di araldo cristico dapprima, ed a simbolo di
Luce-Cristo dipoi.
Alcuni animali e vegetali sono detti solari e diventano l’emblema del Cristo,
come l’aquila, il pellicano, il toro, il cervo, l’ariete, l’agnello, il gallo.
Quest’ultimo è un simbolo di vigilanza e di resurrezione, dato che ogni mattino
annuncia il giorno che succede alla notte; la sua utilizzazione nella
simbolistica è anteriore al cristianesimo (3).
Similmente in Massoneria:
Il Gallo, in Massoneria, annuncia la Luce che sta per ricevere il Recipendiario.
E’ il segno esoterico di questa Luce (4)
Esso col suo canto, annunciante il sorgere della Luce, mette in fuga le forze
delle tenebre. Così durante il dramma dell’iniziazione avverte l’iniziando che,
dalle tenebre in cui è avvolto il suo essere (5), perverrà ad una Luce che farà
chiarezza nella sua anima.
In alchimia, il Gallo è una figurazione del Mercurio 3, e non a caso viene
raffigurato - come detto - nel Gabinetto di Riflessione accanto alle coppe degli
altri due princìpi alchemici: il Sale P e lo Zolfo Q.
***
Nell’incipit di questo scritto, scrivevamo di ‘provocazione’, e per far ciò
useremo siffatto simbolo in modo specioso - come s’usa dire (e fare…) - per
introdurre un argomento assai abietto (6).
Siamo certi che in molti prenderanno le distanze e giudicheranno esecrabile
simile comportamento. Ci pare sin d’ora sentirli: “E’ da vili!, io non lo farei
mai!”.
Mai…
Tutto ciò ci ricorda una storia vecchia di duemila anni…
Gesù gli rispose [a Pietro, n.d.r.]: Metterai la tua vita per me? In verità, in
verità ti dico che il gallo non canterà che già tu non m’abbia rinnegato tre
volte (7).
Gesù gli disse [a Pietro, n.d.r.]: In verità io ti dico che questa stessa notte,
prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte (8).
E Gesù gli disse [a Pietro, n.d.r.]: In verità io ti dico che tu, oggi, in
questa stessa notte, avanti che il gallo abbia cantato due volte, mi rinnegherai
tre volte (9).
E Gesù: Pietro, io ti dico che oggi il gallo non canterà, prima che tu abbia
negato tre volte di conoscermi(10).
Anche qui, in questo famoso episodio, il gallo rappresenta l’annuncio della Luce
che illuminerà drammaticamente la colpa - il tradimento oramai consumato -
in modo tale da non poter esser piú occultata.
Tradire dal lat. tradere = dare, consegnare, composto dalla particella trans =
oltre, al di là, indicante trasmissione e dére per dare = consegnare (11).
Si noti che Tradizione e Tradire hanno la stessa etimologia, ed altresì che
linea separante i due lemmi è davvero sottilissima. Tutti e due esprimono
l’azione del consegnare: il primo, fatti leggende, conoscenze ed è usata per lo
più nel senso di trasmettere; il secondo, consegnare qualcosa o qualcuno ad
altri, “uno di voi mi tradirà” cioè mi consegnerà ad altri.
[Giuda, n.d.r] Che mi volete dare, e io ve lo consegnerò?(12).
E Giuda Iscariota, uno dei dodici, andò dai capi sacerdoti, per darglielo nelle
mani [Gesù, n.d.r.] (13).
Ed egli [Giuda, n.d.r.] andò a conferire coi capi sacerdoti e i capitani sul
come lo darebbe nelle loro mani (14).
E ancora, “tradire un segreto” non significa forse consegnare ad altri, o
pubblicamente, qualcosa di intimo, di personale, segreto appunto?
Il Tradire non è forse azione di rottura, ad esempio di un contratto, di una
alleanza, o di una coalizione, ed in quanto tale l’inadempimento non
comporterebbe una sanzione?
Oggetto del tradimento sono i rapporti fondati, incentrati sulla fiducia,
sull’amore, sull’amicizia. Questi rapporti, per loro natura (15), non sono mai
difensivi ma al contrario indifesi, talché non prevedono norme sanzionatorie.
L’azione del tradire è tanto più grave quanto più l’altera parte non immagina di
essere tradita. E’ questo il caso del tradimento dell’amicizia.
La prodizione è colpa assolutamente più grave che l’uccidere, in quanto questo
può avere ragioni e significati diversi. Il tradimento ha solamente un
significato: il degrado, non solo a livello morale, ma soprattutto a livello
iniziatico.
E se dovessimo assegnare un simbolo che rappresenti il traditore – e non
soltanto da un punto di vista iniziatico - ebbene tale simbolo non può che
essere lo specchio rotto…
Ci par di sentire qualcuno gridare allo scandalo accusandoci di blasfemìa: qual
è il nesso tra questo nefando argomento e la massoneria? E la fratellanza
massonica? E il giuramento che ogni massone ha prestato all’atto della sua
ammissione?
Certo l’argomento non dovrebbe avere patria in massoneria quale società
prettamente iniziatica.
Non dovrebbe…
S’è detto dianzi della sua apertura verso il sociale (16), questo mostrarsi ad
ogni costo al mondo profano. Tutto ciò causa una corsa parossistica a posizioni
(17) più che mai visibili, con tutto quello che comporta tale competizione.
Una società iniziatica è decisamente tutt’altra cosa.
Concluderemo ricordando agli indignati, agli scandalizzati, due cose e al
contempo faremo due citazioni in qualche modo all’uopo utili:
a) Per
quanto riguarda l’esser fratelli: Caino e Abele, Osiride e Seth, Romolo e Remo
(18), (gli esempi potrebbero continuare per un po’) erano fratelli;
b)
Oramai non si giura più. Il giuramento comportava un impegno d’onore: è forse
questo il motivo che fu cambiato in promessa (anche se solenne)? Oggi s’usa fare
qualcosa di meno impegnativo: il M?V? esorta (sic!) i Fratelli “a mantenere il
riserbo sui Lavori compiuti”.
La frode, ond’ogne coscïenza è morsa,
può l’omo usare in colui che ‘n lui fida
e in quel che fidanza non imborsa.
Questo modo di retro par ch’incida
pur lo vinco d’amor che fa natura;
onde nel cerchio secondo s’annida
ipocresia, lusinghe e chi affattura,
falsità, ladroneccio e simonia,
ruffian, baratti e simile lordura.
Per l’altro modo quell’ amor s’oblia
che fa natura, e quel ch’è poi aggiunto,
di che la fede spezïal si cria;
onde nel cerchio minore, ov’è ‘l punto
de l’universo in su che Dite siede,
qualunque trade in etterno è consunto (19).
Infiniti amici necessitano a colui che è caduto, affinché possa tornare
all’azione. Se foste stati amici sinceri, come avreste potuto negargli soccorso?
[…]
Meglio sarebbe se tutti aveste abiurato! Voi in verità agiste da ipocriti,
perché chi vuole aiutare un amico deve restargli vicino anche se ripudia la
fede. E’ nell’ora della delusione che si riconoscono gli amici sinceri: nella
prosperità si contano a migliaia (20).
NOTE
(1) “[…] nessuno, infatti, può indossare a lungo una maschera. Le cose simulate
ricadono presto nella loro natura; quelle sotto le quali c’è la verità e che,
per così dire, nascono da qualcosa di sostanzioso, col tempo si accrescono e
migliorano”; Seneca, De clementia, Liber I-1.
(2) Ma è veramente tale? Non sarebbe forse piú proficuo procedere ad una
indagine piú serrata, talché si eviterebbero spiacevoli sorprese dall’una e
dall’altra parte?
(3) M.-M. Davy, Il simbolismo medievale, Roma 1988, p. 223.
(4) J. Boucher, La simbologia massonica, Roma 1975, p. 30.
(5) Dal sonno profondo in cui si trova, sta per passare allo stato di sveglio.
(6) Dal lat. abiectus, part. pass. del verbo abicere = gettar via.
(7) Giovanni 13:38.
(8) Matteo 26:34.
(9) Marco 14:30.
(10) Luca 22:34.
(11) O. Pianigiani, Vocabolario etimologico della Lingua Italiana, Firenze 1907.
(12) Matteo 26:15.
(13) Marco 14:10.
(14) Luca 22:4.
(15) Proprio per la purezza della loro scaturigine.
(16) Come se dapprima i massoni vivessero fuori dal mondo.
(17) Non ci sentiamo d’usare il vocabolo ‘carica’, perché questo presuppone un
addossarsi una responsabilità, un espletare una funzione con spirito di
servizio.
(18) Si potrebbe considerarli come coppie d’opposti, della dualità etc. Lo
faremo quando s’affronterà il simbolismo dei numeri.
(19) Dante, Divina commedia, Inferno XI, 52-55, qualunque ed.
(20) Farîd ad-Dîn ‘Aþþâr, Il verbo degli uccelli, Milano 1986, p. 69.
(Tratto da “Silloge latomistica” di G. Gigliuto, Catania 2008. Per gentile
concessione dell’Autore e dell’Editore).
Articolo pubblicato nella rivista
LexAurea36,
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