La Schola Italica e la Tradizione Massonica Solare
di AKira
“La voce ITALIA dice Aristotele nel Peri Uranu,
che significa la Casa del Nume”.
Il Geronta Sebezio,
rivista curata da Domenico Bocchini,
n. 15, 11 giugno 1836, p. 114, nota 4.
Introibo
La Massoneria italiana, come è noto, è da sempre attraversata al suo interno da
molteplici correnti di pensiero e di lavoro: troviamo infatti rappresentate nel
nostro Paese tanto la Libera Muratorìa anglosassone quanto quella di derivazione
francese.
Così è anche per i Riti di perfezione, tutti egualmente presenti nelle diverse
Obbedienze, pur con una netta prevalenza del Rito Scozzese Antico e Accettato.
Eppure, nonostante la compresenza di due scuole massoniche di consolidato
prestigio e largamente affermate, in Italia di schola
ve n'è una terza, tenacemente sopravvissuta nei secoli.
Il riferimento è alla cosiddetta schola italica, che pur numericamente
minoritaria, ha custodito il Fuoco Sacro dei Misteri mediterranei di derivazione
egitto-greca, del pitagorismo e della Via romana: questo autentico athanor
esoterico è altresì definito “Tradizione massonica solare” nella pubblicistica
liberomuratoria d'argomento.
La genesi della schola italica
Da Giambattista della Porta a Giordano Bruno, da Di Sangro e De Attellis a
Cagliostro, da Bocchini a Lebano, da De Servis a Kremmerz, da Pascoli a
D'Annunzio, da Armentano a Reghini, un ristretto numero di Maestri Passati ha
trasmesso e perpetuato l'Antica Tradizione dei Misteri a chi è venuto dopo di
loro, poiché è nel tradere il senso ultimo del lavoro iniziatico.
La Massoneria moderna, è risaputo, nasce nel 1717 con la fondazione della Gran
Loggia di Londra ad opera di quattro Logge riunite presso l'osteria “All'oca e
alla graticola”: da quel dì la Libera Muratoria è divenuta nei secoli la Via
iniziatica che più di tutte ha segnato la storia dell'Occidente, ed al suo
interno dalla seconda metà del diciottesimo secolo ad oggi hanno trovato
accoglienza le Scuole di perfezionamento esoterico più diverse l'una dall'altra.
Tra esse, è senz'altro collocabile la schola italica.
Preliminarmente, si impone un chiarimento in merito al significato stesso di
tale locuzione.
La nozione di schola italica è infatti assai ampia. Due sono le Colonne
che simbolicamente la delimitano, ovvero il pitagorismo e l'ermetismo
alessandrino: Giamblico, nei suoi Misteri Egizi, narra che “i discendenti
d’Adamo eressero due colonne, temendo che l’ira di Dio cancellasse con un
cataclisma la razza umana e la sapienza originaria, e v’incisero tutte le
scienze. Dopo il diluvio Pitagora scopre una delle due Colonne ed Ermete
Trismegisto l’altra, ed essi insegnarono le scienze che trovarono scritte in
esse”. Queste Colonne racchiudono infatti la prisca sapientia, ovvero la
Tradizione propriamente detta, e non a caso sono contenute nell'emblema del
Grande Oriente Egizio e riprodotte nello stemma del Rituale Italico.
La summa della dottrina del sodalizio pitagorico, così come della scuola
platonica e di quella ermetica è dunque la comprensione che Tutto è Uno, ovvero
che “la giustizia, nella via iniziatica platonico pitagorica, è incarnazione
individuale e sociale delle leggi del cosmo, il raggiungimento della padronanza
di sé nell’accordo armonico con l’universo: la raggiunta Maestria”.
Non è casuale che un filosofo della scuola di Platone quale Porfirio, scriva una
Vita di Pitagora: i Versi Aurei di Pitagora, i Misteri di
Giamblico, le Enneadi di Plotino, il Corpus Hermeticum di Ermète
Trismegisto e la Pragmatica del Kremmerz sono tasselli di un mosaico più
ampio, e riproducono, se questo mosaico è rettamente ricomposto, il metasimbolo
della schola italica, ovvero il Sole.
Ed è proprio il Sole, uno dei Simboli per eccellenza della Tradizione
occidentale, che ricollega i Misteri pitagorico ermetici alla Via romana.
Il Sol Invictus in cui si identificavano gli Imperatori romani, altri non
era che Apollo, altri non era che Mithra, altri non era che Osiride, altri non
era che Amon Ra: una divinità invincibile, il cui avatar, il cerchio luminoso,
richiama l'idea di perfezione.
La reintegrazione dell'iniziato divenuto infine adepto, nel Sole Invitto che è
matrice del Fuoco Sacro, è il cuore dei Misteri di Mithra, così come dei Misteri
egizi e di quelli pitagorici: tale è il fenomeno esoterico altrimenti noto come
osirificazione, culmine degli Arcana Arcanorum che questa Conoscenza inviolabile
custodiscono.
Ed è a Roma che queste Vie si intrecciano in un nodo inestricabile: nel medesimo
periodo storico troviamo infatti nell'Urbe la compresenza del culto mitriaco,
della via isiaca, della via osiridea e di un sodalizio neopitagorico, grazie a
Nigidio Figulo ed ai suoi epigoni.
A tal punto si fusero in un sincretismo fecondo, che nella Roma del tempo si
giunse a definire arti magiche le pratiche invocatorie di tali culti: la
Tradizione, perpetuata nella leggenda dalle Colonne della Sapienza s'inabissava
nelle acque oscure del tempo, i culti misterici si tramutavano in qualcosa di
diverso, ed i segni, le parole e i toccamenti divenivano segni e parole di
potenza: con il prevalere del cristianesimo, il Fuoco Sacro che per secoli e
secoli aveva bruciato nel Tempio di Vesta cedeva il passo al culto pubblico
ormai dominante, e serbava il suo secretum celato agli occhi del popolo:
nascevano le scienze tradizionali.
I Misteri dei Dioscuri, le antichissime usanze delle Vestali, il segreto del
nume protettore di Roma e del nome occulto della città eterna come un fiume
carsico scomparvero soltanto in apparenza, poiché la storia ci insegna che
sarebbero ricomparsi oltre mille anni dopo, nel cenacolo alchemico di Cristina
di Svezia e nell'accademia neopagana di Pomponio Leto.
Da Roma a Napoli: la Schola italica a piazzetta Nilo
Se nell'introduzione al presente lavoro si è tentato di delimitare da un punto
di vista concettuale il portato esoterico della schola, prima di seguire
il percorso del Fuoco Sacro da Roma a Napoli, è necessario rispondere ad un
quesito non banale: se la Tradizione che è stata conservata gelosamente per i
posteri ha radici egizie, greche e romane, perché l'aggettivo italica? La
domanda, in effetti, contiene in sé la risposta: la penisola italica è stata
storicamente la terra d'elezione delle differenti Vie iniziatiche, essa è dunque
madre dell'unica Via che ne è promanata.
Non per caso il Kremmerz dà alla Fratellanza di Miriam il nomen formale
di Schola Philosophica Hermetica Classica Italica, rendendo palese ai
profani quanto avvenuto nei secoli passati, ovvero la generazione di una
Tradizione unitaria, contenuta in un ouroboros simbolico che è la terra
posta al centro del Mediterraneo.
I Maestri Passati cui nei secoli fu trasmesso il Fuoco li ritroviamo, dalla metà
del Settecento in poi, a Napoli. E' là, nella zona dove ancora oggi è la
bellissima piazzetta Nilo, nei pressi del Palazzo del principe Di Sangro e della
Cappella di San Severo così ricca di simboli ermetici ed alchemici, che prende
forma la leggenda del Grande Oriente Egizio.
E' il cosiddetto nodo napoletano, vero rompicapo per gli studiosi di esoterismo
e storia della Massoneria: perchè a Napoli si forma una comunità iniziatica di
valore così straordinario? Cosa lega Bocchini, Lebano, De Servis, Kremmerz?
Prima di approfondire il legame iniziatico che lega questi Fratelli, occorre
rileggere l'art. 1 degli Statuti del Grande Oriente Egizio: “la formula Grande
Oriente Egizio è una esplicazione dell'idea scientifica, religiosa e magica
sotto l'apparenza moderna massonica.
La sua manifestazione ierogrammatica e ierografica è espressa nel sigillo
ierografico dell'Oriente antico, il Sole che esce o si leva dal mare. Oriente
del Sole unico della scienza perfetta, assoluta ed immutabile...”
Il Sole rischiara dunque il cammino dell'iniziato, il Sole che è occhio di Horus
e Sol Invictus, emblema di Helios ed oggi presente in tutti i Templi massonici:
negli Statuti del Grande Oriente Egizio è disvelato con chiarezza quasi
disarmante l'enigma della Tradizione massonica solare: perpetuare i Misteri
mediterranei trasmettendoli all'interno di quella che era in quel tempo l'ultima
Via iniziatica rimasta in Occidente, ovvero la Massoneria.
I Maestri Passati che ho elencato avrebbero fatto tutti parte, secondo teorie
mai dimostrate, del Sinedrio del Grande Oriente Egizio, manifestazione esterna
di un cerchio interno a sua volta denominato Ordine Osirideo Egizio.
Di tale riservatissimo Ordine avrebbe fatto parte anche un certo N. R.
Ottaviano, che sdegnosamente scrisse al Kremmerz, rimproverandolo aspramente per
l'opera di divulgazione dei misteri dell'ermetismo che egli faceva pubblicando
una rivista e costituendo accademie miriamiche in tutta Italia.
Ottaviano oppose infatti al generoso Giuliano Kremmerz il “diritto di non dare”,
ovvero una moderna declinazione del non “gettare le perle ai porci”.
Dietro lo pseudonimo di Ottaviano si celava, secondo numerosi autori, Leone
Caetani, duca di Sermoneta ed insigne studioso di cultura araba...ovvero secondo
taluni l'ultimo Gran Jerofante del Rito Egizio a noi noto, anch'egli come il
Kremmerz rifugiatosi all'estero a seguito dell'approvazione delle leggi del
Regime Fascista contro la Massoneria e le associazioni ad essa equiparate.
Ottaviano era dunque un Maestro Osirideo, ma al tempo stesso anche un Fratello,
al pari degli iniziati da me citati, del Rito Antico e Primitivo di
Memphis-Misraim, la forma massonica all'interno della quale era stato posto il
secretum per eccellenza della schola, ovvero gli Arcana Arcanorum.
Sul mistero degli Arcana Arcanorum, cui abbiamo accennato di sfuggita nel
presente lavoro, è dedicata una fiorente pubblicistica, e qui se ne tratta
soltanto poiché essi rappresentano ancora oggi il culmine del Regime di Napoli e
della tradizione italica: la loro autenticità è assai discussa, e nei secoli ne
sono state diffuse versioni assai differenti; gli autentici Arcana sono tuttavia
formule operative in apparenza piuttosto semplici, ma capaci, se bene eseguite
con retta coscienza, di ripetere il miracolo della cosa una.
Nei moderni Riti egizi, ne esiste una versione speculativa, contenente la messa
in prosa dell'originale pratica alchemico-spirituale, ed essa viene trasmessa ai
più.
E tuttavia taluni hanno ricevuto gli Arcana originari, ed alla Via solare hanno
consacrato l'intera esistenza: mi riferisco ad Arturo Reghini ed al suo Maestro,
Amedeo Armentano.
Ed è agli autentici Arcana Arcanorum che fa riferimento l'alchimista francese
Jean d'Espagnet (1564-1637) allorché afferma: “colui che è stato istruito negli
Arcani della Natura non metterà affatto in dubbio che questa Natura seconda,
serva della prima, sia lo Spirito dell'Universo, cioè una virtù vivificante e
dotata di una fecondità segreta, della Luce che fu creata all'inizio e contratta
nel corpo del Sole. Questo Spirito di fuoco è stato chiamato da Zoroastro ed
Eraclito Fuoco invisibile e Anima del Mondo...”
La teurgia solare e gli Arcana sono dunque il cuore della Conoscenza trasmessa
dalla Tradizione italica, e ne daremo conto nelle pagine che seguono, dopo aver
ricostruito la rinascita della schola nella prima metà del Novecento a
Roma.
Il Fuoco torna a bruciare nell'Urbe: la rinascita della schola italica
Negli anni immediatamente precedenti all'avvento del Fascismo e fino alla firma
dei Patti Lateranensi, risorge a Roma dalle proprie ceneri l'Araba fenice della
Tradizione.
La corrente culturale del tradizionalismo romano ha infatti la peculiarità di
ricollegarsi alla tradizione culturale e spirituale di Roma antica,
intesa da tali ambienti “come un mito, come un luogo sacro, dove le forze
numinose manifestano appieno la loro potenza: in sintesi, un punto di contatto
tra l'umano e il divino”.
Scrive a riguardo il Fratello Arturo Reghini: il linguaggio e la razza non sono
le cause di questa superiorità metafisica, essa appare connaturata al luogo, al
suolo, all'aria stessa. Roma, Roma caput mundi, la città eterna, si
manifesta anche storicamente come una di queste regioni magnetiche della Terra.
Roma è eterna in quanto omphalos, “centro spirituale del mondo, luogo
sacro per eccellenza”.
Ed al ritorno di Roma intesa quale Impero spirituale in primis, e di conseguenza
anche militare, lavorarono alacremente gli esponenti del Circolo Vergiliano di
Roma. Fondato nel 1911, esso era un'accademia kremmerziana, inizialmente
presieduta da Pietro Bornia, e di cui fecero parte i più noti ermetisti del
tempo.
La letteratura più e meno recente in argomento annota che in quegli anni in
ambienti kremmerziani romani, pur dediti alla terapeutica isiaca, furono
compiuti atti rituali volti a restaurare un nuovo ordine romano, ed a riportare
in vita gli antichi fasti delle divinità pagane.
A riguardo, è rivelatore un articolo pubblicato dal misterioso esoterista
Ekatlos, dal titolo “La grande Orma: la scena e le quinte”, nel quale è narrato
il ritrovamento di una serie di manufatti pagani (un antico scettro ed una
benda, su cui erano incise indicazioni per lo svolgimento di un rituale magico)
utilizzati per compiere riti propiziatori, utili a modificare gli eventi in
favore dell'Italia in diverse circostanze storiche decisive: ciò avvenne nel
periodo del Natalis Solis Invicti, ovvero dopo che il Sole ha toccato la casa di
Ariete: l'anno è il 1917.
“Ed il rito -scrive Ekatlos- fu celebrato ogni notte, senza sosta. E sentimmo,
meravigliati, accorrervi forze di guerra e forze di vittoria; e vedemmo balenar
nella sua luce figure vetuste ed anguste degli eroi della razza nostra
romana....” L'articolo elencava poi una serie di fatti storici ricollegati alle
evocazioni compiute, per poi aggiungere: “un'alba. Sul cielo tersissimo di Roma,
sopra il sacro colle Capitolino, la visione di un'aquila; e poi, portati dal suo
volo trionfale, due guerrieri: i Dioscuri”.
Nel 1919 fu rivelato da Regina Teruzzi a Mussolini l'antica formula
purificatoria etrusca, cui seguì la consegna allo stesso Duce, nel 1923, di un
fascio littorio predisposto seguendo le rigidissime prescrizioni rituali
previste in epoca imperiale.
Per i tradizionalisti romani riuniti attorno ad Ekatlos e forse appartenenti
anche al Circolo Vergiliano, Mussolini era lo strumento inconsapevole per la
rinascita della Tradizione italica, ed i riti compiuti avrebbero ridestato forze
arcaiche potentissime al servizio dell'idea imperiale e ghibellina di Roma.
Analogo percorso fu seguito in ambito massonico dai promotori del Rito
Filosofico Italiano.
Tale Rito, creato dal Frosini, riuniva in 7 gradi -numero non casuale- la
summa dei gradi di perfezione più importanti del RSAA, ma terminava con
l'ultimo grado del Rito Antico e Primitivo di Memphis-Misraim, culmine degli
Arcana Arcanorum, ovvero Sublime Maestro della Grande Opera.
A detto Rito, fino ad allora di scarso successo, aderirono due massoni di
grandissimo valore: Arturo Reghini ed il suo Maestro, Amedeo Armentano.
In effetti i due oltre ad essere stati iniziati in Massoneria, facevano parte di
un Sodalizio Pitagorico, definito senz'altro come schola italica: l'
Armentano fu l'iniziatore di Reghini al pitagorismo ed alle pratiche operative
ad esso connesse; entrambi condividevano l'idea di una Roma imperiale e pagana,
e Reghini scriveva in quegli anni sulla rivista UR, che riuniva il meglio degli
esoteristi italiani del tempo, articoli con il medesimo sottofondo: la
risorgenza dell'Aquila romana, simbolo dell'Imperium da secoli scomparso.
E l'aquila romana non per caso fu scelto quale emblema del Rito Filosofico
Italiano, tentativo consapevole di ricondurre la prisca sapientia in
ambito massonico, dopo la profanizzazione subita dalla Massoneria nei
cinquant'anni precedenti, e causata dal suo essere inquinata da idee politiche e
malaffare.
Il tentativo, purtroppo, ebbe vita breve, a causa di contrasti insorti tra
Frosini, e i due Maestri Pitagorici, e sia Armentano che Reghini pagarono un
prezzo altissimo, poiché in seguito alla delazione di un esponente del Rito
furono costretti uno all'esilio in Brasile, e l'altro al confino.
Ciò che ci interessa evidenziare è tuttavia lo spirito della loro Opera: la
trasmissione del Fuoco sacro della schola italica attraverso la
Massoneria, che anche dal Sinedrio del Grande Oriente Egizio fu considerata la
Via adeguata alla perpetuazione della Tradizione.
Considerazioni conclusive: esiste ancora una massoneria solare?
“La Tradizione solare è la tradizione primordiale dell'umanità. [...] In
Occidente si è rifugiata da secoli sotto il mantello protettore” dell'ermetismo,
dell'alchimia e della Massoneria.
“L'essenza dell'alchimia consiste nell'attrarre e condensare dai raggi solari,
tramite un corpo materiale accuratamente preparato che funge da magnete, un
fluido proteiforme, noto come Spirito universale, e nel corporificarlo, cioè nel
renderlo visibile e afferrabile. [...] questo Spirito conduce alla Pietra
filosofale, la quale apre le porte di un insieme di scienze sconosciute che
convergono tutte verso l'Assoluto”.
Un Maestro Passato del calibro di Fulcanelli giustamente ha scritto che “il Sole
è l'animatore e modificatore perpetuo di tutte le sostanze corporali, unico
agente delle metamorfosi successive della materia originaria, soggetto e
fondamento del Magistero”.
Le parole di saggezza di un iniziato di siffatto valore, accrescono la
determinazione di chi con fatica e avversato da forze che paiono essere
soverchianti, trasmette il Fuoco sacro: esiste dunque ancora una Tradizione
massonica solare? Esiste dunque ancora la possibilità di perpetuare gli antichi
Misteri della schola italica? La risposta è sì.
In cenacoli ristretti, in poche Logge e in pochissimi Riti di perfezione, vi
sono ancora uomini di buona volontà, ai quali non fa paura la responsabilità di
caricare sulle proprie spalle un fardello di tal genere.
Lo fece un tempo la Loggia Pitagora, fondata nel 1923 a Roma all'Obbedienza del
G.O.I., e presieduta da Giovanni Bonabitacola, che er al tempo stesso il Preside
del Circolo Vergiliano: è sufficiente legere il programa di lavoro di questa
Rispettabile Officina per comprendere che la volontà dei Fratelli era palese:
riportare la Massoneria all'esoterismo, e soprattutto allo studio della
Tradizione italica. La reazione di Palazzo Giustiniani fu feroce, e la neonata
Loggia chiuse i battenti
l'undici febbraio del 1924, con l'assonnamento volontario di tutti i Fratelli a
piedilista, consapevoli dell'impossibilità di compiere un simile lavoro in
quella Istituzione.
Indegnamente, tra le Logge che una simile responsabilità si sono assunta
nell'era presente, vi è la nostra: coraggio allora Fratelli miei! poiché l'unica
Via italiana, -o forse è meglio dire italica- alla Massoneria che conosciamo,
pratichiamo e perseguiamo è questa; Giuliano Kremmerz, nel suo Inno al Sole,
così afferma: “tu che solo ai ciechi nascondi la tua luce, o SOLE, non negare il
tuo raggio e la tua provvidenza a colui che leggendo senza la virtù dell'anima e
del cuore voglia una prova sola per convertirsi alla verità
- Ma se la PROVA non basta e il tentatore degli Dei, ostinato, ritenta
ancora una prova senza la fede, sii clemente come sei magnifico. Perdona alla
fragilità dei presuntuosi. Fa che il tuo demonio rosso non gli avvampi il sangue
nelle vene e che il suo cervello non bolla per pazzia innanzi alle vaganti e
fuggevoli immagini della lussuria dell'inesistente”.
Il segreto profondo della schola è dunque questo: la vera medicina
alchemica, l'elisir dei filosofi altro non sono che i raggi ignei, poiché “il
Sole, l'Occhio di Ra, e non Aton, il disco solare, emana una luce invisibile che
nutre il mondo. Il mito dice che è dalle lacrime di Ra, l'acqua salina,
richiamata dal Fuoco solare, che furono creati gli uomini.
Infatti Ra è il Sole assoluto. L'Occhio di Ra è il Sole visibile che dà la luce
e il calore vitalizzanti, ma anche il Fuoco ardente”.
Alziamo dunque gli occhi, carissimi Fratelli, volgendo il nostro sguardo al Sole
Invincibile: faremo così il nostro dovere di Massoni, poiché esso “d'altro non è
composto che della purissima sostanza dei Cieli, e delle Stelle; la quale
sostanza da Aristotele vien chiamata Ethere, quinto elemento, da gli altri
quattro diverso, incorruttibile, e divino..”; edificheremo ancora Templi alla
virtù e scopriremo il nomen occulto dell'Urbe, affinché Roma Renovata
Resurgat.
Articolo pubblicato nella rivista
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